Un oggetto di carta è un artefatto che regala emozioni all’utilizzatore: ha un suo peso, una dimensione, odore e tattilità ben precisa, uno spazio. Il progetto è stato pensato e realizzato dal principio cercando di trasmettere quelle sensazioni simili al toccare con gli occhi.
Lo scopo è far giungere gli spettatori ad una chiara consapevolezza che lo strumento occhio è solamente lo strumento con cui noi vediamo le cose, non le osserviamo. Il vero paradosso sta che per osservare, per comprendere ciò che l’occhio vede, esiste il bisogno di muoversi in quello spazio buio del nostro cranio, dove luci, colori e forme non sarebbero visibili.
Il progetto si concretizza sulla creazione di una linea mentale per lo spettatore, coordinando l’associazione tra occhio-visibile e mente-visionabile. Il logo si tramuta dunque in un occhio, creato da frame di se stesso che compie il gesto di aprirsi e chiudersi. L’idea dunque è far giungere chi guarda a spingersi oltre, a dar vita a ciò che sta osservando, a crearne un rapporto. Chiudere gli occhi significa spostarsi in quello spazio buio, dove il ricordo dell’oggetto visto muta e prende vita.
La tavola ottometrica decimale di Armaignac determina quanto una persona è capace di leggere ad una determinata distanza, di vedere chiaro le varie forme.
Per quanto riguarda il carattere tipico della tavola, e quindi dell’acutezza visiva, la scelta cade per costruire una valorizzazione del sistema visivo, concetto soggettivo e prettamente egocentrico dell’uomo, che riproduce ciò che è visibile.
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Confusione
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Mistero
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Insieme si mescolano, sfumano
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Non chiarezza
L’immaginazione del progettista grafico potrebbe essere percepito in questo modo? In quello spazio buio e non visibile della nostra mente, che compare e scompare in un attimo. Che muta come una nuvola nel tempo in cui la si vuole fotografare. Che solo chiudendo gli occhi e percependola la possiamo riprogrammare, e avvicinandosi ad essa la possiamo conoscere.